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La storia della lavastoviglie: Josephine Cochrane e altre 5 invenzioni geniali al femminile

Cos'hanno in comune la lavastoviglie, i tergicristalli, il DNA, le shopper di carta, il software delle casse dei supermercati e il Monopoly? Scoprilo con noi

Prodotto Consumo Consigli 21 gennaio 2019

È l’alleata preziosa di chi ha uno stile di vita frenetico, o di chi non ha voglia di usare il suo dopocena per le faccende domestiche: la lavastoviglie, un elettrodomestico ormai talmente diffuso nelle nostre case che facciamo fatica a immaginare una vita senza (o ci accorgiamo disperatamente della sua importanza quando si rompe).

Forse però non tutti sanno che dobbiamo la sua invenzione a Josephine Cochrane, una gentildonna dell’Illinois, che nel 1886 ebbe una geniale intuizione, molto più lungimirante di quella del suo compatriota Joel Houghton, che 16 anni prima ci aveva provato con una lavastoviglie di legno, ma con disastrosi risultati. Il salotto di casa Cochrane era animato da feste bon-ton, tea party con le più facoltose famiglie della contea, serate danzanti, frizzanti cocktail e cene in cui Josephine, da buona anfitriona e moglie di un rispettato commerciante e uomo politico, amava viziare i suoi ospiti sfoggiando servizi di porcellana finissima. Nel turbinio di quella ricca vita mondana, spesso la servitù scheggiava o rovinava le stoviglie a causa di frettolosi lavaggi con cenere e aceto, mettendo i Cochrane a rischio di ingenerosi giudizi da parte dei commensali. Un bel giorno Josephine, figlia di un ingegnere e avvezza a usare testa e fantasia, decise di risolvere il problema. Prendendo le misure delle sue amatissime ceramiche giapponesi, divise una ruota in scomparti in cui sistemò bicchieri, posate e piatti, la sistemò dentro una caldaia di rame, ci attaccò un piccolo motore che la girava, e un sistema di pompe che facevano cadere a pioggia sulle stoviglie acqua calda e sapone: nasceva così la lavastoviglie. Successivamente, la macchina si rivelò la fortuna della Cochrane quando cadde in disgrazia  a causa della prematura morte del marito che la lasciò piena di debiti. Fondò infatti una fabbrica che la vendeva in tutto il mondo, oggi conosciuta con un nome decisamente noto: la Whirlpool Corporation.

Molto spesso nella storia il genio si è rivelato essere donna, e indossare non solo corsetti e calze di seta, ma anche cacciaviti, brugole e soprattutto un enorme spirito di osservazione e un portentoso ingegno. Ecco altre 5 grandi invenzioni al femminile.

Donne e motori: i tergicristalli di Mary Anderson

Dobbiamo ringraziare un’altra donna del sud degli Stati Uniti, più precisamente dell’Alabama, se oggi non siamo costretti a tenere fuori la testa dal finestrino quando c’è maltempo. Come accadde a bordo di un taxi nel freddo di una New York sommersa dalla neve nel 1902, dove c’era Mary Anderson che, infastidita dal tempo impiegato dal conducente per spazzare via acqua e ghiaccio dal lunotto (e vedere alzarsi il tassametro), ebbe il suo Eureka e si immaginò quelli che oggi chiamiamo “tergicristalli”. Forse la sfortuna, forse il destino che volle giocarle uno scherzo a scapito della sua attenzione al portafoglio, ma Mary non colse molto interesse con la sua invenzione, tanto che alla scadenza del brevetto, decise di non rinnovarlo. E fece male, perché nel 1922 un signore di nome Cadillac iniziò a installarli sulle sue auto di lusso e da lì... è storia nota.

Amazing Grace e il primo software dei supermercati

Quando ci troviamo alle casse della nostra Coop di fiducia, o di fronte allo sportello del bancomat, se i conti tornano sempre è grazie a Grace Hopper, una minuta professoressa di  Poughkeepsie, New York, che nel dopoguerra inventò il Cobol, il primo linguaggio di programmazione user friendly per le attività commerciali. Dopo un’infanzia passata a smontare sveglie per scoprirne il funzionamento invece di giocare con le bambole, una laurea a Yale e un coraggioso servizio di volontariato per la Marina Militare durante la Guerra, il suo prodigioso pensiero laterale (che le valse il soprannome di “Amazing Grace”) la portò a diventare la regina del software inventando un linguaggio informatico, tuttora utilizzato in ambito aziendale, finanziario, e bancario. Pare sia stata lei ad inventare anche il termine debugging, dopo avere rimosso una farfallina (bug, in inglese) incastrata nella tastiera del suo computer.

La shopper della discordia di Margaret Knight

La storia del sacchetto di carta con fondo piatto - leggero, capace e biodegradabile - è in realtà la storia (a lieto fine) di un grosso tiro mancino ai danni di Margaret Knight. Nel 1860 l’operaia di Springfield, nel Massachusetts, inventò infatti una macchina in grado di tagliare la carta, piegarla come fosse un origami e incollarne il fondo a formare un sacchetto, ma la sua idea venne scoperta e rubata dal furbo Charles Annan, che si affrettò a depositarne il brevetto prima di lei. In tribunale, a fronte della oltraggiosa difesa di Annan, secondo cui “una donna non avrebbe mai potuto progettare una simile invenzione”, mostrò disegni e schizzi e vinse la causa.

La doppia elica: la foto 51 di Rosalind Franklin

Sui libri di scuola, generazioni di studenti hanno studiato che la scoperta della struttura dell’acido desossiribonucleico, conosciuto ai più come DNA, si deve a due uomini, Francis Crick e James Watson, che per essa ricevettero anche il premio Nobel nel 1962. In realtà, dietro alla ricerca sulla molecola della vita c’è una rigorosa laureata a Cambridge, Rosalind Franklin, e un altro triste caso di maschilismo. Fu proprio la scienziata inglese infatti a fotografare ai raggi X la doppia elica, per poi vedersi scippare la scoperta da Watson a causa di un incauto collega, che gli mostrò la famosa immagine: a differenza di Margaret Knight, però, la Franklin non fece neppure in tempo a far valere i suoi meriti, perché morì di cancro poco tempo dopo.

Oltre il danno, la beffa: il Monopoly di Elizabeth Magie

Parco delle Vittorie, probabilità e imprevisti, funghetti e dollari di carta: è il Monopoly, uno dei giochi da tavolo più amati di sempre, protagonista di lunghe partite che appassionano grandi e piccini. Non tutti sanno però che il suo antesignano è Landlord’s Game di Elizabeth Magie, che spiegava le idee anti monopoliste dell’economista Henry George e dimostrava perché i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Per un pugno di dollari, e nessun pagamento per i diritti d’autore, la Magie prima si vide portar via l’idea dalla Parker Brothers, e poi subì la beffa di vedere sul mercato il gioco che noi oggi conosciamo. Per di più, totalmente stravolto nella sua filosofia, perché, ironia del caso, premia i monopòli, invece di contrastarli.

 

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